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sabato 4 marzo 2017

…..DIVERSITA’ COME VALORE…

 “ Non mi aspetto che tutti abbiano una visione della vita identica alla mia; proprio per questo non giudico gli altri.”


Perché parlare di differenza e diversità?

In fondo il titolo "diversità come valore" può sembrare quasi banale e scontato nel momento in cui ci si immagina il mondo della solidarietà al lavoro, occupato nell' impegno quotidiano, nel lottare contro le "differenze"
Oggi si parla molto di educazione interculturale o alla mondialità, decisamente incentrata sulle tematiche dell'accettazione delle differenze e sul superamento dei pregiudizi.
Difficile è applicare le stesse considerazioni alla vita quotidiana , alla  scoperta di quelle differenze tra le persone  che sono valore irrinunciabile e a quelle che sono frutto delle nostre fantasie e che in quanto tali diventano dannose.
Le differenze tra le persone, le diversità, le peculiarità di ognuno sono la ricchezza stessa di ogni situazione sociale, allo stesso tempo si è abituati in maniera più o meno conscia a considerarla un pericolo, un rischio. Basta pensare al desiderio di assimilare ognuno a sé, a dire  di fronte ad una persona palesemente diversa da noi  "lui è uguale".
 Per molto tempo la stessa pedagogia scolastica è andata ,sia pur implicitamente , verso l’annullamento delle differenze: si veniva educati e formati ad essere tutti uguali, ad assomigliare ai genitori, a non essere diversi.

E’ diverso chi si sente tale: chi non riesce a rientrare nella norma perché è incapace di comportarsi e di vivere come gli altri o perché crede in altri valori e in altri modelli di vita. E’ diverso chi viene considerato tale e pertanto viene emarginato ed escluso.
Chi è privo di requisiti fisici o sociali ritenuti indispensabili: la salute, la bellezza, la intelligenza, il benessere economico, ecc. (...). Gli altri sono invece coloro che sono , o credono di essere , "normali", che rispettano le regole del gioco e che in virtù della loro posizione sanciscono la diversità. Eppure la distinzione tra normalità e anormalità, sebbene inevitabile e necessaria, non è un valore assoluto o eterno, ma una convenzione che può essere messa in discussione, criticata, modificata.
 Non sempre la diversità è anormalità. Anche senza uscire dai limiti della norma, esistono delle differenze naturali con cui dobbiamo inevitabilmente confrontarci: noi siamo diversi dagli altri e gli altri sono diversi da noi"
Diversità come necessità della vita, come dato ineluttabile, come valore e ricchezza per lo scambio e la crescita umana.
Diversità come difficoltà cui andiamo incontro nel momento in cui per primi ci si sente diversi, esclusi, "fuori luogo"; come difficoltà nell'incontro con l’altro diverso da me, ma non perché di altro colore o razza, semplicemente perché "altro" ed in quanto tale pericoloso.
L’altro mette in gioco il nostro modo di vedere, mette in discussione la nostra vita perché crea il confronto, ci mette in discussione. Sembra quasi che le definizioni positive e negative di differenza si inseguano, ogni aspetto positivo ne porta dietro uno difficile da accettare, uno che pone dei problemi. E non è scontata la voglia ed il desiderio di mettersi in discussione.
La differenza non dovrebbe più essere un elemento da tollerare ma un bene da tutelare.
Come insegnare ad accettare l'altro?
Come farlo senza per questo rinunciare alla propria cultura e ai propri valori?
Ogni paese ha certamente un proprio patrimonio culturale specifico, che va di pari passo con la storia della propria unità, con le contraddizioni e le difficoltà che si sono di volta in volta incontrate per imparare a vivere insieme. Cultura, usi e costumi fanno parte delle nostre radici e ci permettono di sapere da dove veniamo e dove vogliamo andare. Indipendentemente dal paese in cui ci troviamo, la nostra lingua, le nostre credenze religiose e nostri valori contribuiscono a farci sapere chi siamo.
 Al tempo stesso, però, l'identità non è mai monolitica. Ogni persona evolve e si trasforma grazie anche a tutti coloro che incontra nel corso della propria vita. E un discorso analogo vale anche per l'identità di un popolo.
 La conoscenza di altre culture ci arricchisce e ci permette di rimettere in discussione le nostre certezze. Certo l'Altro, in quanto "altro", disturba e sconcerta. A causa della sua "differenza", ci obbliga ad interrogarci sul ruolo che l'alterità occupa nella nostra vita, e sullo spazio che siamo disposti a darle. L'altro è il contrario dell'ordinario e dell'abituale. È per questo che molto spesso lo si rifiuta, utilizzando la nozione di identità per far credere alla gente che esista una barriera rigida capace di distinguere l'io dal non-io, il fratello dallo straniero: una barriera che si erige ogni qualvolta una cultura, una religione o una società non riesce né a pensare l'altro, né a pensarsi con l'altro. È tuttavia solo quando si arriva a pensare l'altro e a pensarsi con l'altro che si possono poi consolidare le basi di un "vivere insieme" pienamente umano.

Diversità come necessità della vita, come dato ineluttabile, come valore e ricchezza per lo scambio e la crescita umana.

L’altro mette in gioco il nostro modo di vedere, mette in discussione la nostra vita perché crea il confronto, ci mette in discussione. 
La differenza non dovrebbe più essere un elemento da tollerare ma un bene da tutelare.


Mario Zanoli.




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